Il conscio, il conscio individuale, l’individuo non è una “parte” o un “segmento” della coscienza. Non è un frammento del tutto, non è un attimo nell’infinito.
Questo lo si crede perché si pensa che l’individuo sia solo la sua forma fisica energetica, perchè lo si crede solo quel corpo mente nel tempo e nello spazio dove vive assieme a tutte le altre forme del mondo la propria esistenza nell’esistere tutto.
Egli invece è l’unità dell’unica coscienza, sì con quello specifico corpo mente (il conscio per l’appunto),
ma è anche l’unità con il tutto, ovvero l’unità con tutte le espressioni della coscienza del Sé.
Lo specifico, e quindi anche l’individuo, è la naturale conseguenza dell’esprimersi dell’Unicità, ma ciò non preclude l’unità con la coscienza del Sé
Ovviamente ogni conscio deve realizzare per proprio conto tale unità. Non si deve accontentare di conoscerla per sentito dire (“Tanti ne parlano sarà pur vero allora!”). Non basta concettualizzarla. Egli la deve realizzare, ovvero deve permettere che tale unità (già esistente tra l’altro) diventi anche in essere. Questo accade grazie al processo di consapevolizzazione della mente, in cui la mente scopre di appartenere alla coscienza, di essere un suo strumento, di abbandonarsi ad essa.
La consapevolezza di conscio=coscienza manifesta del Sé è al di là della comprensione mentale, è oltre la forza temporanea dell’intelligenza, trascende la sensibilità che uno più di un’altro può avere, è oltre il potere della memoria, ma è alla portata di ognuno e sfocia nell’eterna unità dove l’individuo pur avendo una forma specifica ha l’unica infinita coscienza del Sé, dove la coscienza di essere non significa più essere qualcuno -quella scompare definitivamente – ma significa coscienza dell’unico Sé.